Perugia: luci, colori, trasparenze e storia nel Museo-Laboratorio "Moretti Caselli".

Il museo-laboratorio "Moretti Caselli" di Perugia

La bella città di Perugia conserva, fra i suoi molti tesori, anche un raro esempio di casa d'artista pervenuta integra e ancora in funzione: il Museo Laboratorio "Moretti-Caselli"

La casa, ricavata all'interno dell'antica dimora della famiglia Baglioni (una delle poche scampate alla demolizione dei quartieri baglioniani ordinata da Paolo III Farnese a partire dal 1540), fu abitata e utilizzata come studio da Francesco Moretti (1833-1917) uno dei principali protagonisti italiani del revival della produzione artistica di vetrate, forma d'arte che conobbe grande fortuna in tutta Europa a partire dalla metà dell’Ottocento.


Insieme a Moretti, lavorarono qui anche il nipote Ludovico Caselli (1859-1922), e - successivamente - altri membri della famiglia, fino a Maddalena Forenza, che ancora oggi perpetua una tradizione domestica che rappresenta un vero e proprio patrimonio artistico fatto non solo di carte d'archivio, fotografie, disegni, studi preparatori e prove d'artista, ma anche di conoscenza, tecnica e sapere. E tanta passione.

All'interno di queste stesse mura, le mani di cinque diverse generazioni della stessa famiglia hanno quindi lavorato con passione vetro, piombo, stagno, rame e un'incredibile gamma di colori, creando capolavori unici, che oggi ornano monumenti come la Basilica di San Domenico a Perugia, il Duomo di Orvieto e la Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.


All'interno del Museo Laboratorio "Moretti Caselli" si conserva un'increbile prova dell'abilità di Francesco Moretti: un magnifico ritratto della Regina Margherita di Savoia, realizzato nel 1881. Si tratta di un'opera davvero straordinaria, con la quale Francesco Moretti ha voluto dimostrare come la tecnica delle vetrate artistiche e la pittura su vetro potessero raggiungere i livelli qualitativi della ritrattistica tradizionale realizzata ad olio. In questo meraviglioso ritratto su vetro della Regina i passaggi chiaroscurali e le sfumature sono resi in maniera davvero incredibile (ingrandite l'immagine per apprezzarli in dettaglio): attraverso l'uso di diversi tratteggi - più larghi e più sottili - Moretti è riuscito a rendere visibile non solo ogni variazione nel colore dell'incarnato, ma ha anche restituito in maniera impeccabile la differenza fra le trame dell'abito, dei tendaggi e del tappeto che ricopre il tavolo sul quale è posta la corona sabauda.
Un altro elemento che caratterizza la qualità di quest'opera è il modo nel quale le legature al piombo - che uniscono i vari pezzi di vetro - sono perfettamente armonizzate nella composizione. In particolare tutta la linea del profilo del busto della Regina risulta invisibile, in quanto nascosta nella zona d'ombra alle sue spalle.



Fra le opere esposte nella casa museo figura anche una testa di Cristo, tratta dall'Ultima Cena dipinta da Leonardo da Vinci nel Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. La testa - che presenta una crepa passante lungo il collo e il mento, fu realizzata da Rosa (1896-1989) e Cecilia Caselli (1905-1996).

La genesi di quest'opera è legata alla commissione di una replica in vetro dell'Ultima Cena, affidata alle sorelle Caselli nel 1924 da Hubert Eaton, amministratore delegato del Forest Lawn Memorial Park di Glendale (Los Angeles). La grande vetrata - destinata al cimitero monumentale di Glendale, dove tuttora si trova - richiese ben cinque anni per essere realizzata.
Tutte le teste vennero dipinte da Rosa, con la tecnica "a punta di pennello", mentre Cecilia dipinse le vesti di Cristo e degli Apostoli. Fu un lavoro davvero monumentale, e durante la cottura dei singoli pezzi capitarono non pochi "incidenti di percorso". La sola testa di Cristo fu rifatta tre volte.
Uno dei due esemplari che si ruppero durante la cottura è proprio quello che ancora oggi viene esposto con orgoglio nel Museo Laboratorio "Moretti - Caselli", a ricordo di quanto questa forma d'arte - oggi padroneggiata da pochi - sia preziosa, delicata e fragile.

Una foto pubblicata da Lorenzo Bonoldi (@lordbonold) in data:
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